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Non di rado il professionista del diritto si trova a dovere dirimere – o comunque gestire – situazioni di incertezza giuridica che derivano da un utilizzo improprio della terminologia contrattuale. Effetto questo il quale di regola deriva da una non completa comprensione da parte delle parti contrattuali di quello che è effettivamente l’oggetto e la struttura giuridica della loro relazione commerciale. Le relative implicazioni possono portare a conseguenze impreviste sotto numerosi profili, non ultimo quello della decadenza e prescrizione rispetto alla garanzia di quanto oggetto di installazione. E questo effetto si rende ancor più evidente in quei contesti per i quali la particolare peculiarità (od elemento innovativo) del bene principale fornito appare mettere in ombra elementi ulteriori del rapporto contrattuale, ma che comunque contribuiscono a definirlo. Come accadde in questo caso…

Il caso dell’impianto fotovoltaico difettoso

Tutto cominciò quando la società Gamma SpA decise di installare pannelli fotovoltaici sul tetto del proprio capannone aziendale. Scelta virtuosa quanto costosa: dopo una rapida ricerca venne individuato il fornitore nella Zeta Srl, operatore del settore che propose alla società committente un contratto per la fornitura dei pannelli per un importo complessivo di circa 250.000 Euro. Tale contratto, oltre che l’effettiva consegna del bene (i pannelli fotovoltaici) prevedeva una serie di ulteriori prestazioni, quali la progettazione, l’installazione, il collaudo, la richiesta di allaccio alla rete e la richiesta della tariffa incentivante – attività queste da svolgersi direttamente da parte di Zeta Srl ovvero per il tramite di ulteriori soggetti da quest’ultima incaricati.

Apparentemente il lavoro procedette correttamente e nei termini, tanto che Gamma SpA, dopo avere proceduto alla verifica dell’impianto installato, lo accettava senza riserve e si procedeva pertanto a metterlo definitivamente in funzione. Tuttavia, dopo circa sei mesi dalla consegna Gamma SpA doveva segnalare al fornitore alcune criticità derivanti da infiltrazioni d’acqua dovute ad un non corretto isolamento delle aree dove erano stati installati i pannelli. A distanza di ulteriore tempo, a seguito di perizia dalla stessa autonomamente commissionata Gamma SpA denunciava a Zeta Srl vizi di natura tecnica dell’opera ben più gravi, relativi alla struttura di sostegno dei pannelli, alla connessione dell’impianto, all’isolamento connettori, alla canalizzazione conduttori, al posizionamento dell’inverter di connessione, al posizionamento del trasformatore, quantificando il relativo danno in 50.000 euro e conseguentemente non procedendo a completare il pagamento dell’opera nel suo complesso.

Nell’impossibilità di trovare una soluzione amichevole alla controversia, il caso finì pertanto in tribunale, ove ciascuna parte ebbe modo di puntualizzare le proprie pretese. Che in termini di diritto si concentrarono su di un punto focale: la segnalazione dei vizi occulti da parte di Gamma SpA era avvenuta nei termini di legge?

L’eccezione di prescrizione

Il fornitore Zeta Srl basò la propria difesa sul profilo fondamentale dell’intervenuta decadenza e prescrizione dell’azione di Gamma SpA.
Come infatti ebbe a notare, la relazione tecnica predisposta su incarico di Gamma SpA in cui si descrivevano i vizi denunciati, era stata conosciuta da Zeta Srl ben oltre il termine sia di otto giorni dalla scoperta da parte del committente che di un anno dalla consegna del bene, e pertanto in ossequio all’art. 1495 c.c. riteneva che ormai l’azione di Gamma SpA per il risarcimento del danno (o quantomeno per una compensazione del medesimo con le somme ancora dovute al fornitore) non potesse più essere esperita. Prescrive infatti tale norma in materia di vendita che (i) il compratore decade dal diritto alla garanzia se non denunzia i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta e (ii) che l’azione si prescrive, in ogni caso, in un anno dalla consegna.

A supporto di tale interpretazione, Zeta Srl allegava le Condizioni Generali proposte a Gamma SpA e da questa sottoscritte, in cui si faceva testualmente riferimento alla “vendita dell’impianto fotovoltaico indicato nella proposta di acquisto sottoscritta dal Cliente” e che “la proposta, unitamente agli allegati e alle condizioni generali di seguito riportate, costituisce il contratto per la vendita di impianto fotovoltaico”. In altri termini, il contratto stesso si proponeva come contratto di vendita e pertanto si sarebbero dovute applicare le norme civilistiche sopra riportate.

Al contrario, Gamma SpA eccepiva che – indipendentemente dalla formulazione letterale del contratto – questo doveva intendersi come contratto di appalto, posto che accanto alla mera fornitura del bene (che caratterizza la vendita in senso stretto) il fornitore si era impegnato ad una serie di servizi ed attività ulteriori di importanza fondamentale, quali la progettazione e l’installazione dei pannelli fotovoltaici. Con la conseguenza che i termini per la denuncia del vizio e l’azione processuale conseguente non avrebbero dovuto essere quelli (particolarmente brevi) previsti per il contratto di vendita, quanto piuttosto quelli relativi al contratto d’appalto (maggiormente favorevoli al committente).

Il problema pertanto risulta riconducibile al corretto inquadramento in termini di diritto del contratto sottoscritto: vendita o appalto?

Note in diritto

Sulla scorta della giurisprudenza di legittimità e di merito, è possibile identificare il criterio fondamentale per la qualificazione del contratto nello schema causale sottostante il medesimo. In altri termini, nell’individuare se l’obbligazione principale assunta dal fornitore dietro corrispettivo sia da individuarsi nel trasferimento della proprietà di un bene (vendita) ovvero nell’esecuzione di un’opera mediante propria organizzazione (appalto).
Indipendentemente dalla terminologia utilizzata nelle condizioni di contratto, infatti, si deve avere riguardo agli effettivi elementi che caratterizzano il medesimo. Nel caso in esame, risulta pacifico che con riferimento alla realizzazione dell’impianto Gamma SpA, aveva demandato a Zeta Srl la realizzazione della progettazione e dell’installazione del medesimo impianto, e quest’ultima aveva incaricato i propri ulteriori fornitori dell’esecuzione di specifiche opere. Il che vale ad affermare che il “fare” cui si era obbligato il fornitore era essenziale per lo scopo del contratto, in quanto la sola consegna dei pannelli fotovoltaici non rappresentava l’adempimento del contratto, la cui corretta esecuzione includeva invece la complessiva opera di progettazione, fornitura, messa in opera, collaudo nonché la predisposizione e presentazione della domanda di accesso alla tariffa incentivante.

Di conseguenza il contratto intercorso tra le parti deve essere considerato di appalto (e non di vendita) trovando così applicazione la disciplina codicistica prevista per detta tipologia con la conseguente applicazione di termini decadenziali e di prescrizione maggiormente ampi.

Con riferimento a questi ultimi, vale rammentare che la giurisprudenza ha ritenuto che il termine previsto a pena di decadenza dall’art. 1669 c.c. per la denuncia di gravi difetti nella costruzione di un immobile, decorre dal giorno in cui il committente consegua una sicura conoscenza dei difetti e delle loro cause, che può essere pertanto postergato all’esito degli accertamenti tecnici che si rendano necessari per comprendere la gravità dei vizi e stabilire il corretto collegamento causale.

Dalla riqualificazione del contratto come appalto discende la tempestività della denuncia da parte di Gamma SpA e pertanto la proponibilità della relativa domanda risarcitoria (indipendentemente dal successivo esito dell’istruttoria destinata a valutare l’effettiva esistenza e quantificazione del danno stesso).

LA MASSIMA

Volendo trarre una massima da quanto sopra descritto, si può affermare che l’assoluta prevalenza a termini di contratto della prestazione di “fare” rispetto alla mera fornitura di beni implica la sussunzione del contratto nello schema dell’appalto, ipotesi questa che si configura quando la prestazione di “dare” è un semplice mezzo per la produzione dell’opera e se il lavoro resta prevalente rispetto alla materia.

APPROFONDIMENTI

Il caso è liberamente ispirato alla sentenza emessa dalla Corte di Appello di Firenze n. 2151/2023 del 24 ottobre 2023. Per quanto attiene la giurisprudenza di legittimità si veda tra gli altri Cass. Civ. 29356/2022, contenente ulteriori riferimenti.

L’articolo è stato scritto dagli avvocati Tommaso E. Romolotti e Laura Marretta